Why do I feel so numb

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    Fu improvviso, come un fulmine a ciel sereno. Sentì l'aria sfuggire dai suoi polmoni e fu preso da un freddo gelido che gli permeò le ossa scendendo dalla sua nuca e percorrendo tutta la sua schiena. Il suo cuore batteva tanto violentemente da fargli fischiare le orecchie e le sue mani tremavano, tremavano come non avevano mai fatto. Perché? Perché si sentiva la testa così leggera? Si sentiva come se il suo corpo non esistesse più. Come se stesse solo guardando un film, in cui non aveva alcun controllo sul protagonista nonostante in teoria fosse proprio lui ad esserlo.

    La sua mente registrò che le sue braccia si erano rilassate abbandonandosi lungo il corpo, ma lui non le sentiva. Allo stesso modo, registrò di aver sorriso e salutato appena quella ragazza si era staccata, nonostante non avesse scelto lui di agire in quel modo. Registrò di averle detto che il suo tremore era solo dovuto al fatto che lei gli sarebbe mancata - una bugia assorbita da lei come acqua dal terreno, poiché lo rassicurò, prendendo la sua mano e guardandolo negli occhi, che sarebbe passata a trovarlo. Lui avrebbe voluto gridare.

    Registrò di essersi voltato e di aver iniziato a camminare senza alcuna meta. Velocemente. Sempre più velocemente. Si ritrovò a correre, mentre mano a mano ritornava a sentire il proprio corpo. Faceva male. Faceva così terribilmente male, ogni singolo muscolo bruciava. Eppure lui continuò a correre fino a quando le sue gambe non cedettero. E solo l'impatto contro il terreno riuscì a destarlo completamente da quello stato. Rimase immobile per una manciata di secondi, poi riuscì in qualche modo a mettersi almeno in ginocchio.

    Cercò di sfruttare tutte le proprie forze per tornare in sé, ma si rese presto conto di non averne affatto, né fisicamente, né mentalmente. Non aveva le forze per alzarsi, né per contenere quelle emozioni soverchianti che minacciavano farlo esplodere. E alla fine, nonostante i suoi sforzi, esplose. Iniziò ad annaspare alla ricerca di aria e al tempo stesso a piangere come non aveva mai fatto prima. Senza singhiozzi, ma nemmeno in silenzio. Solamente con deboli lamenti che accompagnavano ogni suo respiro.

    Non riusciva a respirare. Gli sembrava come se qualcosa gli stesse comprimendo il petto per impedirglielo, anche se per quanto stringesse la propria maglietta non c'era proprio nulla addosso a lui. E per quanto affannosi, rapidi e profondi fossero i suoi respiri, non era abbastanza. O forse era troppo. Sì, era troppo. Ma non riusciva a smettere. Un capogiro lo costrinse nuovamente a terra mentre il mondo diventava tutto a puntini. Come si fermava? Dov'era il tasto "off"? Come si faceva a tornare a respirare come una persona normale? Avrebbe dovuto sentirsi in quel modo per sempre? No, non era possibile. Forse aveva ingerito del ferro senza accorgersene? Forse il suo corpo stava cedendo a qualcosa di strano? Forse stava per morire?

    Un solo secondo più tardi, almeno per la sua mente, aprì gli occhi in una stanza bianca. Era ancora dolorante, ma si sentiva tutto sommato bene. Non aveva più emozioni soverchianti, né la sensazione di non essere nel proprio corpo. Guardandosi intorno, si rese conto di essere in un ospedale. Perché era finito in un ospedale? Non ne aveva idea. Probabilmente aveva perso i sensi, se doveva tirare a indovinare.

    L'ingresso di una persona nella stanza attirò la sua attenzione. Seguì quella persona con lo sguardo, mentre essa si avvicinava, e chiese cosa fosse successo. Era svenuto in mezzo alla strada, confermò la figura. Chiese il suo nome, poi tirò fuori da una delle tasche del suo camice uno stetoscopio, dicendogli in tono gentile di sollevare la maglietta. Senza pensarci, lui lo fece, in modo da agevolare il lavoro del medico il più possibile. Nel momento in cui la mano di quell'uomo sfiorò la sua pelle per rimuovere la coperta dall'area inferiore del suo torace, per il ragazzo fu come fare una doccia ghiacciata. Iniziò a tremare, con gli occhi sgranati, e si coprì immediatamente.

    Perché? Perché si sentiva in trappola? Perché era improvvisamente terrorizzato al punto da farsi mancare l'aria?

    Il medico si allontanò immediatamente, guardandolo con aria confusa. "Va tutto bene, ragazzo?" gli chiese. Lui prese un paio di respiri profondi, poi annuì. "Mi scusi. Non so che mi sia preso così all'improvviso." disse, poi tentò di rilassarsi e scoprirsi nuovamente. Si irrigidì appena sentì il la superficie fredda dello strumento poggiare sul suo petto. "Ehi. Sembri veramente agitato, cerca di prendere un bel respiro e rilassarti. Non ti faccio del male, devo solo ascoltare il tuo cuore." Il ragazzo guardò l'uomo con espressione mortificata. "Non so perché reagisco in questo modo, davvero. Non riesco a controllarlo." ammise "Mi sento come.. soffocare. Non so cosa mi stia succedendo.."

    Il medico posò lo stetoscopio sul tavolino e guardò il suo paziente negli occhi. "Ragazzo, ti è mai capitato di sentirti in questo modo, prima d'ora?" Il giovane negò con il capo. "Potrebbe essere che qualcuno ti abbia fatto del male in passato? Non so, dei bulli a scuola, ad esempio." Ancora una volta, il rosso negò. "Possiamo fare un esperimento?" chiese quindi l'uomo. Il ragazzo lo guardò con aria confusa. "Che tipo di esperimento?" In risposta, il medico sollevò una mano all'altezza del viso. "Proverò a toccarti. Vorrei che tu mi dicessi come ti senti, e se vuoi che smetta basta che tu me lo dica e smetterò subito, va bene?"

    Dopo l'assenso del rosso, il medico posò la mano sul petto del suo paziente, che si irrigidì subito. "Come ti senti?" gli chiese. La risposta fu un sussurro a malapena udibile. "Smettila." Appena sentì quella parola, l'uomo allontanò la mano e il ragazzo sembrò come riprendere a respirare. "Spaventoso." ammise il giovane. "Mi sono sentito mancare il respiro. Come.. come se avessi avuto un coltello alla gola." Il medico aggrottò le sopracciglia. "L'ultima cosa che ricordi prima di aver perso i sensi, qual è?" Ci fu qualche momento di silenzio, poi una risposta. "Correre. Ho corso fino a che non sono caduto. E poi ha iniziato a mancarmi l'aria e mi sentivo come se stessi per morire." Mentre lo sguardo dell'uomo si faceva sempre più comprensivo, egli chiese: "E cos'è successo prima?" Il giovane scosse appena la testa. "Nulla di che, in realtà. Ho salutato un'amica." Ma il medico incalzò. "Ti ha toccato?"

    Il rosso rimase come interdetto per un momento, poi il suo sguardo si accese come di un'illuminazione. "Sì, mi ha abbracciato. Ho iniziato a sentirmi male quando mi ha abbracciato!" esclamò "Dottore, lei pensa che possa avermi fatto qualcosa?" Ma il medico scosse il capo a destra e a sinistra. "No. Io penso che tu soffra di una condizione molto particolare. Hai mai sentito parlare di afefobia, o aptofobia?" Il ragazzo negò. "Se tu sei d'accordo, vorrei farti parlare di questo con un mio collega. Prima però ho bisogno di sapere se c'è qualcuno che posso chiamare per avvertire che sei qui." Nei successivi minuti, il rosso diede al medico il numero di telefono della madre, lasciando che egli lo chiamasse e avvertisse, poi si costrinse a lasciar fare al medico il proprio lavoro, inghiottendo a fatica il terrore mentre ascoltava il suo rapido battito per controllare che non ci fosse nulla che non andava.

    Al suo arrivo, la madre lo mortificò. Insultò lui per la sua debolezza, poi il medico per la sua incompetenza e infine trascinò il ragazzo fino alla macchina senza permettergli di protestare. Da quel giorno, Haneul non riuscì più a farsi toccare da nessuno.


    Edited by Paradox¬ - 14/4/2024, 13:39
     
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