Addio

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    Wade Murrow
    "Non posso rischiare che ti venga fatto del male a causa mia."
    Ormai, è troppo tardi. Mi sono fatto scoprire come uno stupido e ora quella megera ha intenzione di distruggere tutto ciò che amo. Ha iniziato facendo sparire le mie lame, poi qualche oggetto che tenevo di ricordo in camera mia, poi i quadri alle pareti, le fotografie, il telefono. L'ultima cosa che sono riuscito a fare è stato darmi appuntamento con quell'elfa per la mattina seguente. Con la consapevolezza di non potere più fare nulla, entro quindi nella camera degli inservienti, dirigendomi velocemente verso il mio maggiordomo di fiducia. «Naelor. Devo parlarti, in privato. Ti dispiace seguirmi?»

    Lui si volta verso di me con la solita faccia da poker semisorridente e annuisce, lasciandosi trascinare dal sottoscritto fino alla mia camera. Una volta all'interno e assicuratomi che non ci fosse nessun altro, chiudo la porta a chiave, gli tolgo la benda dagli occhi e mi lancio fra le sue braccia. Riesco a percepire la sua sorpresa dal modo in cui esita per un momento prima di ricambiare la mia stretta e, pochi attimi più tardi, esita anche quando poso le labbra sulle sue. «Ho bisogno di te, Nael.» sussurro sulle sue labbra «Ho bisogno di sentirmi vivo.» e con quelle parole riesco a farlo sciogliere. Sento le sue mani percorrere il mio corpo come molte altre volte prima di allora, le sue labbra giocare con il mio collo.

    Mi sospinge delicatamente verso il letto e ben presto ci ritroviamo a fonderci in una cosa sola. Sono certo che lui possa sentirla, la mia paura. So che il modo in cui attira la mia attenzione, in cui cerca di distrarmi, è tutta una strategia per farmi passare questa sensazione orribile nel petto. E ci riesce. Solo ed esclusivamente lui potrebbe mai riuscire a fare scivolare via la paura e le preoccupazioni come nuvole al vento. Ci abbandoniamo l'uno all'altro per ore, senza sosta, fino ad essere completamente esausti. Allora, e solo allora, lo sento dire: «Ne vuoi parlare?» Ma non posso farlo. Non posso assolutamente rivelargli ciò che ho intenzione di fare. Sarà solo una notte come tante altre, per lui. Nego quindi con il capo per poi posarlo sul suo petto. Sento il suo braccio avvolgermi, la sua mano accarezzare dolcemente la mia spalla e il mio braccio. «Va bene. Allora cerca di riposare un po', ok? Sono qui. Sono qui e non vado da nessuna parte.»

    Le sue parole mi feriscono. Sono come pugnalate dritte nel petto. «Lo so. Lo so che non te ne vai. Me lo hai promesso, di stare al mio fianco.» mormoro, con la voce leggermente incrinata. Ricaccio indietro le lacrime e chiudo gli occhi, tracciando distrattamente la forma dei suoi addominali. So bene che lui non mi abbandonerebbe mai, ed è proprio per questo che sono stato costretto ad agire così. Non c'era altro modo. Con delicatezza, inizio a rivestirlo. Me la prendo comoda, voglio imprimere nella mia mente ogni istante di questa notte come fosse fuoco sulla pelle. Voglio ricordare per sempre questo addio.

    Una volta allacciati gli ultimi bottoni, attendo pazientemente che lui faccia lo stesso con me. Il nostro è praticamente un rituale, un modo come un altro per avvicinarci per quei pochi momenti in più quando ci è possibile farlo. Alla fine, quando siamo nuovamente in ordine, gli sorrido e lo faccio stendere di nuovo. «Non andare.» mormoro, stendendomi accanto a lui. «Resta ancora un po'.» e lui, preoccupato, mi guarda. Mi guarda e mi rivolge un leggerissimo sorriso, uno di quei sorrisi dolcissimi che solo lui ha mai voluto rivolgermi. «Non scappo, promesso.» sussurra, prima di posare ancora una volta le labbra sulle mie.

    Quando ci separiamo mi metto sopra di lui, seduto sul suo ventre o poco più in alto. «Ora chiudi gli occhi.» mormoro. Lui, come sempre, mi ascolta. Io allungo una mano verso il cassetto del comodino, da cui tiro fuori una boccetta. «Cosa stai facendo?» chiede lui, con un'espressione tra il confuso e il divertito, ma io copro i suoi occhi con la mia mano libera. Prendo il contenuto della boccetta fra le labbra, ma anziché berlo mi chino su Nael e lo faccio bere a lui.

    E così, con quell'ultimo bacio, tradisco una volta per tutte la sua fiducia.

    Nonappena si rende conto che gli sto somministrando qualcosa attraverso quel bacio, apre gli occhi sorpreso. «Cos'è questa.. roba?» mormora, appena mi stacco da lui, ma già alla seconda parola vedo i suoi occhi come appannarsi. «Perché?» biascica, ma solo pochi attimi più tardi è crollato in un sonno profondo. «Non posso rischiare che ti venga fatto del male a causa mia.» sussurro io sulle sue labbra «Perdonami.» e subito dopo mi alzo, andando ad aprire la finestra. Là fuori, seduta su un muretto, si trova l'elfa con cui mi ero messo d'accordo prima che il mio telefono scomparisse.

    «Cosa deve dimenticare?» mi chiede. «Me. O meglio, tutto ciò che riguarda la nostra.. relazione. Non deve ricordare che c'è stato qualcosa, assolutamente, niente più che un normalissimo rapporto tra un maggiordomo e un altro servitore.» Lei annuisce. «Esci.» Io la guardo. «In che senso esci?» «Io non posso manipolare la memoria, ma un mio... alleato, diciamo, sì. E tu non devi vederlo.» Sospiro. «Va bene. Ma se scopro che gli hai fatto del male..» «Libero di uccidermi se lo ritrovi ferito.» Io annuisco e, seppur esitando, esco dalla stanza.

    Pochi attimi più tardi, sento qualcuno entrare nella stanza, probabilmente dalla stessa finestra. Non saprei dire quanto tempo passi, prima che l'elfa venga ad aprire. Quando rientro, mi rassicura che lui non ricorderà nulla. Forse nemmeno il mio volto. E per quanto faccia male, va bene così. È quello che volevo. La ringrazio quindi e lascio sulle labbra di Naelor un ultimo bacio.

    «Addio.» sussurro, poi esco da quella stessa finestra, per scomparire fra i vicoli con la consapevolezza che, se tutto fosse andato bene, non l'avrei mai più rivisto.


    Edited by Paradox¬ - 27/3/2024, 23:20
     
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